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Il Bluff nel Texas Hold’em

Sono le 5 di notte. Ormai stai giocando da ore, ma ce l’hai fatta, sei riuscito ad arrivare al tavolo finale.

Sei corto, le carte non girano e sai che se continui ad aspettare potresti morire dissanguato dai bui e dalle timide puntate che porti avanti.

Ti guardi intorno. Di fronte a te un ragazzino con cappellino e occhiali da sole che, se ogni tanto non vedessi una mano salire a toccare la visiera, diresti di un fantoccio. Alla tua sinistra un uomo che ride e beve e sembra pensare a tutt’altro fuorché a giocare, Alla destra una donna bellissima che non gioca una mano, ma quando lo fa non perde mai il piatto. Più in là un colosso mastodontico con un’allegra camicia hawayana e una manciata di altri visi indefinibili.

Tutti agguerriti, ma tu niente: le carte non ti sorridono.

Cosa fare per risalire?

L’arma del Bluff. È in casi come questi che può venire utile sfoderare una delle armi più affilate, rischiose e appaganti del Texas Hold’em: il bluff.

Bluffare significa fingere di avere un punteggio migliore di quello che si ha effettivamente.

Per farlo bisogna, chiaramente, puntare o rilanciare quando il punto è basso o nullo con l’intento di impaurire l’avversario facendogli credere di avere un buon punto, o almeno uno maggiore del suo.

Il bluff è riuscito se l’avversario folda (o gli avversari, facendo attenzione ad una semplicissima legge delle probabilità: più giocatori in gioco = più probabilità che qualcuno, per carte o per indole, non sia intimorito dal bluff), ma se l’avversario chiama o rilancia, allora le probabilità di “rubare” il piatto si assottigliano. In quel caso – a seconda del tipo di giocatore che si ha davanti, all’entità del piatto e alle chips proprie e dell’avversario – bisognerà decidere se insistere nel bluff, rischiando di arrivare allo show-down con infime possibilità di vittoria , o se ritirarsi mestamente.

Contro chi bluffare. Il bluff è molto importante perché rende imprevedibili – a meno che non siate dei “bluffatori seriali”, e allora avete basse speranze di essere creduti – e perché permette di accaparrarsi piatti che altrimenti non avreste potuto giocare.

Bisogna però fare attenzione al giocatore contro il quale si cerca di bluffare considerando che un esperto potrebbe “leggere” il vostro bluff, mentre un principiante potrebbe difendere punti non particolarmente alti, inseguire strenuamente la sorte e chiamare qualsiasi puntata. E allora, in quel caso, non c’è bluff che tenga.

Inoltre, la postazione al tavolo può dare altre indicazioni sul quando bluffare. Se siete ultimi di mano, infatti, avrete il vantaggio di parlare dopo i vostri avversari, farvi un’idea di massima sulle carte di ognuno e decidere se è il caso di arrischiarvi nell’arte dell’inganno.

Il semi-bluff. Come dice anche il nome, si tratta di un quasi bluff, ossia di una puntata o un rilancio fatto nel momento in cui le carte a disposizione non sono le migliori, ma offrono la possibilità di incastrare un buon punto al turn o al river (spesso si fa con 4/5 di scala, colore ecc…).

Il bluff è una strategia fondamentale anche per variare il proprio gioco e non rendersi prevedibili, difficilmente si può riuscire ad arrivare all’heads up finale senza ricorrervi almeno una volta.

Che poi alla fine il ragazzino con gli occhiali da sole ti fa credere di avere un full, ti ruba il piatto più alto della partita e poi gira le carte e ti svela un innocuo 2 accompagnato da un 6, questo è un altro paio di maniche.

Che poi lui vince e tu lo detesti, anche.

Ma la verità è che i bluff vanno omaggiati, e quando poi vi stringete la mano, non puoi resistere.

“Ehi ragazzino, quel bluff. Bravo davvero”.

(Nella foto: Coolidge – cani che giocano a poker)

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